lunedì 27 dicembre 2010

Alcune dichiarazioni di Susanna Camusso sul caso FIAT Mirafiori

Riportiamo un paio di articoli apparsi oggi sulla stampa nazionale e contenenti alcune dichiarazioni che la Segretaria Generale della CGIL Susanna Camusso ha fatto in merito all'accordo separato (senza la firma della FIOM) su FIAT Mirafiori:
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Il segretario generale parla di ritorno agli anni Cinquanta con l´esclusione della Fiom dalla fabbrica La leader Cgil: Cisl e Uil sono ormai sindacati aziendalisti

27/12/2010 | Repubblica | Lavoro
CAMUSSO ALL´ATTACCO DI MARCHIONNE: "ANTIDEMOCRATICO E AUTORITARIO"
"Ritorno al passato con quell´intesa"
Noi non avremmo mai firmato un accordo concordando l´esclusione di un sindacato dall´azienda 
O fa sentire la sua autorevolezza nel sistema delle imprese o prevarranno le regole della giungla 
Un sindacato non può limitarsi all´opposizione, altrimenti rinuncia alla tutela concreta dei lavoratori 
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ROMA - «Sergio Marchionne? Un antidemocratico, illiberale e autoritario», risponde Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, che per la prima volta parla dell´accordo separato alla Fiat-Chrysler raggiunto alla vigilia di Natale. Un´intesa - dice - che la Cgil non avrebbe mai firmato perché «non si può concordare l´esclusione di un sindacato». Camusso attacca Cisl e Uil: «Si sono trasformate in sindacati aziendalisti che propagano la posizione della Fiat». Poi la Confindustria: «O fa sentire la sua autorevolezza nel sistema delle imprese oppure prevarranno le regole della giungla. Non può limitarsi a guardare perché è in atto un´offensiva pure nei suoi confronti». Ma ci sono anche errori della Fiom, sostiene il leader della Cgil: «Dovremo discuterne al nostro interno». Nessuno sciopero in vista (a parte quello della Fiom) ma una grande campagna sul tema della libertà sindacale. E il Pd? «Bene Bersani - risponde Camusso -, ma troppo spesso a sinistra si sviluppa uno stucchevole dibattito sull´innovazione senza accorgersi che può rappresentare anche un profondo arretramento».
Cosa significa l´esclusione della Fiom da Mirafiori, fabbrica simbolo nella storia industriale italiana?
«Significa il ritorno agli anni Cinquanta. Allora c´erano i reparti confino, oggi c´è l´esclusione della rappresentanza sindacale. L´idea, tuttavia, è esattamente la stessa. E cioè quella di costruire un sindacato non aziendale bensì aziendalista il cui unico scopo è quello di propagare le posizioni dell´impresa».
Non le pare un po´ offensivo nei confronti della Cisl e della Uil?
«Guardi, nel suo libro "Il tempo della semina", Bonanni racconta con orgoglio come, proprio negli anni Cinquanta, la Cisl rifiutò la richiesta della Fiat di inserire nelle liste cisline per l´elezione delle Commissioni interne alcuni nomi graditi all´azienda. È Bonanni che illustra bene come il sindacato aziendale sia la negazione di quello confederale. Ora dovrebbe spiegarci lui come considera un accordo che contiene al suo interno le regole per escludere un altro sindacato confederale».
Si sta prefigurando un sistema di relazioni industriali senza la Cgil?
«Secondo me la Fiat ha deliberatamente costruito una successione di eventi per negare la libertà sindacale».
Marchionne ha sempre detto che tesi di questo genere non stanno né in cielo né in terra.
«E allora, perché non applica l´accordo interconfederale del ´93 sulla libertà sindacale? Vorrei poi ricordare a Confindustria che non può restare immobile se vuole evitare che salti, come ha riconosciuto, il sistema della rappresentanza sindacale. Se non si vuole rischiare che il conflitto sociale diventi ingovernabile bisogna al più presto trovare un accordo sulla rappresentanza e la democrazia sindacali che completi il protocollo del ‘93».
Spetta alla Confindustria aprire il negoziato?
«È irrilevante chi lo fa. Io credo che Cisl e Uil abbiano sottovalutato l´effetto dell´intesa per Mirafiori. Perché quando si permette a una grande impresa di escludere un sindacato, si sa con chi si comincia ma non si sa con chi si finisce».
Considera Marchionne un innovatore o, come si diceva un tempo, un reazionario?
«Penso che il tratto distintivo di quell´accordo sia il suo essere anti-democratico. Direi che Marchionne è un anti-democratico e illiberale. Il tema vero è questo. Aggiungo che non può esserci un modello partecipativo che si fondi sull´impedimento della libertà sindacale».
Ma la Fiom non poteva firmare "turandosi il naso", rimanendo però all´interno della fabbrica?
«È difficile applicare il principio del voto con il naso turato nelle trattative sindacali. La Fiom, possibilmente con la Cgil, dovrà aprire una discussione su questa sconfitta. Perché, l´ho già detto, un sindacato non può limitarsi all´opposizione altrimenti rinuncia alla tutela concreta dei lavoratori».
Sta criticando la Fiom. Le colpe, allora, sono anche a casa sua?
«Quando c´è una sconfitta non possono non essere stati commessi degli errori. Nessuna grande sconfitta è solo figlia della controparte. Ce l´ha insegnato Di Vittorio: se anche ci fosse una responsabilità in percentuale minima, su quella ci si deve interrogare».
Perché condivide il no all´accordo per Mirafiori?
«Perché quella proposta è poco rispettosa della fatica del lavoro. Non si può applicare ai lavoratori la cosiddetta "clausola di responsabilità", secondo la quale non è possibile opporsi all´intesa e scioperare anche se le condizioni di lavoro diventano insopportabili. Una clausola di quel tipo possono sceglierla sindacati e imprese ma non possono subirla i lavoratori».
Dunque, questo è il motivo del no?
«Questo è il motivo . Comunque la Cgil non firmerebbe mai un accordo che escludesse un altro sindacato».
Ammetterà almeno che Cisl e Uil hanno reso possibile l´investimento della Fiat e così il futuro produttivo di Mirafiori?
«Capisco questo ragionamento e lo considero un tema importante. Tuttavia mi piacerebbe sapere qual è il progetto "Fabbrica Italia" e come la Fiat pensi di colmare il ritardo che ha accumulato rispetto ai suoi concorrenti sul versante dei modelli. Ma anche per questo continuo a non comprendere quale necessità ci fosse di ricorrere a un modello autoritario che ci riporta agli anni Cinquanta».
ROBERTO MANIA
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Camusso: se si nega la rappresentanza dei lavoratori nel sindacato, di fatto si nega anche quella delle imprese
27/12/2010 | Stampa | Lavoro
«MIRAFIORI, UNA SFIDA PER CONFINDUSTRIA»
Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, non ha dubbi. «Il modello che deriva dall’accordo su Mirafiori cancella la libertà sindacale. Non è una “grande novità”, ma la riproposizione di uno stile da anni ‘50. Per la Cgil ora il problema centrale è quello della democrazia e della rappresentanza. Su questo tema chiediamo a Confindustria di confermare l'orientamento, che aveva già espresso nei giorni scorsi, e di estendere in tempi rapidi l’accordo interconfederale del ‘93 per risolvere il nodo della rappresentanza che apra la strada a una legge»Veramente Confindustria ha definito positivo l’accordo su Mirafiori. «Sto alle dichiarazioni recenti in cui Confindustria ha chiaramente detto che mettere in discussione il sistema della rappresentanza avrebbe determinato un livello di conflitto non necessario. Chiedo a Confindustria di essere coerente, e di definire urgentemente con noi le regole della rappresentanza. Qui si nega la libertà sindacale, uno dei fondamenti di qualunque sistema democratico. C’è l’idea che l’impresa possa esercitare la sua funzione solo se tutti i lavoratori la pensano come lei». Ma l’intesa è stata accolta da un coro di consensi. Anzi, si dice che la Fiom poteva e doveva firmare. «Mettere in discussione la libertà sindacale serve alla Fiat, serve al paese?» Marchionne ha detto che quest’intesa era obbligata per l’investimento da un miliardo a Torino. «Ma non c’entra niente. Si può decidere di “strappare” perché si ritiene decisiva una certa organizzazione dei turni; un sindacato dirà di no, altri di sì, si fa un accordo separato. A me non piace, ma finisce lì. Altra cosa è decidere di escludere i lavoratori dall’esercizio di un diritto. Cancellare un sindacato. Si pensi a un “accordo Mirafiori” in Parlamento. Un partito che non è d’accordo va fuori, non ha diritto di esistere? Riflettano i nostri cugini di Cisl e Uil: se poi capita - e capiterà - che non siano d’accordo loro, che succede, vengono anch’essi cancellati?» Intanto sono la Fiom, e spesso la Cgil, a essere escluse. «Vi ricordate la poesia del pastore antinazista Martin Niemö ller? “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento perché rubacchiavano”, dice. E finisce: “un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”. Non può diventare normale che chi non la pensa come te sta fuori. Sono i lavoratori, non l’impresa, a decidere quale sindacato può esserci e quale no. Tutta questa storia non c’entra con i turni, le pause o gli investimenti di Fabbrica Italia». Ci sarà una corsa a imitare la Fiat, a uscire dai contratti nazionali?«La Fiat è l'unico produttore italiano di automobili, se ce ne fosse stato un altro non sarebbe esistito un accordo simile. Il contratto nazionale è anche un regolatore della competitività tra le imprese, evita il dumping tra le aziende. Temo che qualche impresa possa essere indotta in tentazione: ne deriverebbe una situazione assolutamente conflittuale, che non conviene a nessuno. Se si nega la rappresentanza dei lavoratori, di fatto si nega anche quella delle imprese, il ruolo di Confindustria. Anche Confindustria ha un problema: se le grandi imprese vanno per conto loro, le piccole cercheranno nuovi lidi, no?»
Cosa farete, ora? «Dopo l’accordo del 2009 sul modello contrattuale la Cgil ha lavorato per fare rinnovi contrattuali unitari. Spesso ci siamo riusciti. Ora dovremo far avanzare le regole della rappresentanza per salvare la libertà sindacale. È una sfida che ha davanti a sé anche Confindustria». Si è parlato di modello americano, di fine delle liturgie concertative europee. «Mi sembra solo propaganda, per alimentare l’idea che tutto ciò che è diverso è nuovo, e ciò che è nuovo è comunque positivo. Marchionne, quando voleva la Opel, ci ha lavorato un mese, e si è guardato bene da dire al governo tedesco che era una liturgia... C’era tutta questa fretta, si doveva decidere in 24 ore sulla vita delle persone, sui turni, sulla malattia? E insisto: chi l’ha detto che il lavoratore deve pensarla come chi gli dà il lavoro?» E ora c’è il referendum. E la Fiom non esiste più come sindacato a Mirafiori. «Resta la più grande organizzazione dei metalmeccanici. Dire che non esiste più mi pare difficile. Il referendum? Vedremo. Penso che la Fiom dovrà trovare le forme per essere comunque presente. Non credo che il paese si possa permettere aziende che si considerano extraterritoriali. Invito Cisl e Uil a riflettere: se non vorranno essere esclusi alla prima occasione, dovranno essere sempre d’accordo con quello che le aziende di volta in volta dicono. Qualcuno può dire che chi è stato escluso oggi se l’è cercata; la volta dopo lo diranno a loro». È la Fiom a “essersela cercata”, dicono. Una triste parabola: dal “sindacato indipendente” al no alla concertazione, e ora fuori dal contratto e da Mirafiori. «I metalmeccanici, insieme alla Cgil, devono fare una riflessione vera. Abbiamo avuto opinionidiverse su come gestire i contratti dopo l’accordo separato. Si deve ragionare su cosa deve fare un sindacato per poter continuare a difendere i lavoratori. Ma non confondo le due cose: un conto è la riflessione, anche autocritica, sugli elementi di innovazione che la Fiom deve sviluppare. Questo però non può autorizzare la cancellazione della libertà sindacale. Trovo una contraddizione evidente: il segretario generale della Cisl giustamente ci ha sempre ricordato il tema del pluralismo sindacale. Come lo concilia con l’esclusione di chi dissente?»
Roberto Giovannini


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